Educazione positiva e consapevole: di cosa si tratta?
Ti è successo di farti questa domanda? Ti è capitato di non sapere come reagire di fronte ad un comportamento del tuo bambino o dei bambini che incontri nel tuo lavoro, che ti ha messo in difficoltà? meglio un’educazione autoritaria o più permissiva? Facciamo un pò di chiarezza…
Spesso trovo molta confusione rispetto questo tema, soprattutto legata alla fatica nel capire esattamente quale metodo educativo possa essere migliore. Così talvolta si cade nell’alternanza e discontinuità educativa, dove in alcuni casi si utilizza un medoto estremamente permissivo e condiscendente, e in altre situazioni dove sfugge il controllo, un metodo più rigido, ricorrendo così a minacce, punizioni e prese di posizione a volte molto forti.
Si tratta di un tema davvero difficile, nonostante ad oggi ci sia molta più informazione rispetto ad una volta. Tuttavia lo scoglio più grande che a parer mio sembra più faticoso affrontare è proprio quello di passare dalla teoria alla pratica. Mi spiego meglio.
C’è chi, per esempio, desidera ottenere il rispetto dei bambini ed essere una figura presente che educa in maniera ferma e sicura trasmettendo limiti e regole. Il rischio in questo caso può essere quello di incorrere alla prima difficoltà a minacce e punizioni, emotive o fisiche (ricatti emotivi o qualche sculaccione “che tanto non ha mai fatto male a nessuno”) con tutto quello che ne consegue.
Al contrario c’è chi desidera invece adottare un metodo basato di più sull’ascolto e il rispetto del bambino, dove si evitano contrasti forti e dove si preferisce educare in modo più dolce ed empatico. Anche in questo caso però, quando non si conosce a fondo questa modalità educativa il rischio è quello di cadere in una forma troppo permissiva, dove ci sono poche regole, si fatica a dire di “no” e dove ad un certo punto sono i bambini ad avere in mano la situazione.
I 4 stili genitoriali
Secondo la Psicologa Diana Baumrind esiste una stretta relazione tra l’approccio educativo utilizzato e il comportamento dei bambini. Sulla base di questo individuò 3 stili educativi che poi successivamente divennero 4.
Lo stile educativo, in questo caso, viene definito in base a due elementi: CONTROLLO e AFFETTO.
Questo significa, per esempio, che se un genitore o un educatore utilizza molto controllo e poco affetto, lo stile educativo sarà di tipo autoritario. Al contrario se si utilizza molto affetto ma poco controllo ci si trova davanti ad una modalità educativa permissiva.
Il metodo più “tradizionale” e quello che fino a poco tempo fa si pensava essere il migliore per educare i bambini era quello Autoritario. Si tratta di un metodo che si basa su premi e punizioni, che utilizza le minacce per ottenere ascolto e che difficilmente contempla la possibilità di scendere a patti con i bambini.
Lo stile educativo Permissivo è caratterizzato da genitori o educatori estremamente condiscendenti, a volte iperprotettivi nei confronti dei bambini e che di per sè utilizzano poche regole spesso un pò fragili e poco coerenti.
Ad oggi le Neuroscienze ci dimostrano come in realtà lo stile educativo ottimale per un sano sviluppo del bambino sia invece quello Autorevole. Un approccio educativo nel quale si danno limiti con fermezza e allo stesso tempo gentilezza, evitando così minacce, punizioni, premi ecc… Questo tipo di educazione è risultata dunque il modo migliore per comunicare e relazionarci con i bambini facendo arrivare loro il messaggio che vogliamo trasmettere.
Educazione positiva e consapevole : di cosa si tratta
Quando parlo di educazione positiva, mi riferisco dunque ad uno stilo educativo Autorevole dove sono presenti i limiti, indispensabili per la crescita di un bambino (quando non sono troppi ed eccessivi), che vengono trasmessi in modo fermo, sicuro e coerente, dove però si cerca anche di ascoltare l’opinione del bambino. Questo approccio si deve basare sull’ascolto empatico del bambino mettendo al centro le emozioni, che nn vengono rinnegate, bloccate o sminuite ma che piuttosto vengono sempre accolte e comprese.
Questo stile educativo deve essere sostenuto anche da un altro grande pilastro che è la consapevolezza.
Si può educare in modo più consapevole, il che significa che per esempio quando ci troviamo di fronte ad un bambino che fa i famosi “capricci” sappiamo che in realtà non si tratta di pianto e lamenti che vengono messi in atto solo per dare fastidio all’adulto, ma piuttosto di una forma di comunicazione che i bambini utilizzano essendo ancora immaturi e non avendo altri strumenti per esprimere un disagio.
Questo ci aiuta molto nelle nostre reazioni, proprio perchè essendo più consapevoli di ciò che sta accadendo, riusciamo a comprendere meglio il bisogno che il bambino ci sta manifestando e di conseguenza possiamo trovare il modo più positivo per rispondere a quella necessità.
Questa consapevolezza ovviamente non riguarda solo noi adulti, ma anche i bambini. L’obiettivo di questo stile educativo è anche quello che i bambini comprendano il vero significato di ciò che vogliamo trasmettergli, in modo che agiscano perchè hanno capito ciò che gli abbiamo detto e non perchè hanno paura delle eventuali conseguenze qualora non seguano le nostre indicazioni perchè magari abbiamo utilizzato una minaccia.
Si tratta dell’approccio educativo più facile? assolutamente no, anzi, probabilmente è il più difficile.
Questo soprattutto perchè noi adulti in genere siamo abituati a cercare soluzioni immediate che nel giro di poco risolvano il problema. Ecco perchè tante volte quando un bambino inizia a piangere il nostro cervello si mette in moto per trovare la soluzione che lo faccia smettere subito, che sia accontentarlo se il motivo del pianto è un nostro “no”, o piuttosto qualche minaccia o castigo. Ci viene naturale e penso che possiamo tranquillamente ammetterlo.
Molto più difficile e faticoso è mostrare empatia, lasciando che il bambino pianga se in quel momento ne ha bisogno, accogliere l’emozione, verbalizzarla, comprendere il vero motivo che c’è dietro quel pianto. Non è facile e soprattutto non è immediato come approccio.
Tuttavia credo che se avete sperimentato minacce, punizioni, premi e quant’altro, abbiate anche potuto accertare che per quanto siano una soluzione immediata e che spesso in un primo momento può sembrare efficace, nel lungo termine si tratta di una strategia che tende a funzionare sempre meno, per i più svariati motivi che magari approfondiremo in un altro articolo.
Quindi, come fare per mettere in pratica uno stile educativo positivo e consapevole?
Sicuramente ci vuole tempo, allenamento e pazienza. Io stessa ancora sbaglio a volte, ma ricordate? dobbiamo essere consapevoli, anche dei nostri sbagli e dei nostri limiti. Se sbaglio, lo accetto, mi scuso con il bambino (es. “Mi dispiace aver urlato prima, ma sono davvero stanca e non sono riuscita a controllarmi”) e penso subito a come potrò fare la prossima volta di fronte ad una situazione simile.
Questo significa consapevolezza!
Quello che puoi chiederti è :
Desidero che il mio bambino, o i bambini di cui mi occupo, abbiano paura di me e che siano portati dunque a mentirmi e a difendersi dalle mie punizioni, o preferisco essere piuttosto un riferimento importante che li aiuta a diventare autonomi, empatici, sicuri di se e in grado di autoregolare le proprie emozioni?
Il cammino è difficile, ma non impossibile!
Giorno dopo giorno, passo dopo passo, mettendo in conto sbagli e cadute possiamo allenarci per diventare educatori e genitori migliori!