Camilla Olioso

Ti fidi di me?

FIDATI DI ME E NUTRIRAI LA MIA AUTOSTIMA

In questi giorni, mi è capitato di leggere un articolo dove in seguito ad una serie di ricerche, i dati che L’OMS ha rilasciato, ci dicono che oggi un problema sempre più evidente, riguarda la vulnerabilità dell’umore: ci sono sempre più bambini che presentano una certa vulnerabilità emotiva.

Nel mio lavoro mi capita spesso di incontrare bambini ansiosi, insicuri, con molte paure, bisognosi di avere sempre il controllo della situazione, che trattengono le emozioni, o al contrario con forti manifestazioni di rabbia, e al di la di quelli che possono essere i motivi che scatenano questi comportamenti, un denominatore comune che ritrovo in tutte queste situazioni è sicuramente una bassa autostima, o come si dice nel linguaggio psicomotorio, una scarsa immagine di sé. Questo mi ha portato inevitabilmente a fare una riflessione:

Perché i bambini di oggi sono così fragili, così vulnerabili?

Siamo bombardati ormai da molte informazioni che riguardano gli aspetti educativi, i bisogni dei bambini, come aiutarli a crescere, eppure qualcosa manca. Qui si potrebbe aprire una discussione molto ampia, partendo dal fatto che forse l’educazione oggi è spesso troppo orientata al saper “fare” qualcosa per ottenere un risultato, il prodotto è ciò sul quale è focalizzata l’attenzione, tutto è sempre sottoposto ad un giudizio, si rincorrono progetti didattici pieni di nozioni ed obiettivi da raggiungere, perdendo di vista tutto ciò che in realtà rimane nei bambini che accompagniamo: il vissuto, le emozioni, il piacere di fare una determinata esperienza. Ma non voglio addentrarmi in questo campo rischiando di perdere nuovamente il focus di questa riflessione.

Come si fa a nutrire di cose buone l’autostima di un bambino? E come faccio a capire se un bambino è insicuro e ha una bassa stima di sé?

Anni fa seguivo un bambino che aveva appena iniziato la prima elementare, il suo comportamento riportato dalla scuola era una eccessiva velocità nel fare qualsiasi cosa, terminava il compito assegnato ancora prima che la maestra finisse di dare la consegna, nei giochi con i compagni voleva sempre essere il primo, aveva bisogno di vincere, arrabbiandosi molto quando perdeva, viveva tutto in modo competitivo e ansioso. Quando sono andata al colloquio con le insegnanti per spiegare su cosa stavo lavorando con lui, ho spiegato che il mio obiettivo principale era quello di abbassare il livello di ansia rinforzando l’autostima, aiutandolo ad essere più sicuro di sé. Questa cosa ha generato qualche domanda da parte degli insegnanti che non vedevano una bassa autostima, anzi, appariva un bambino pieno di sé che vuole sempre essere primo in tutto scavalcando gli altri. Di fronte a queste perplessità la mi risposta fu questa: perché un bambino sicuro di sé dovrebbe aver bisogno di vincere sempre, o di essere il primo?

“Io ho bisogno di vincere sempre, perché se perdo o arrivo ultimo, confermo e rafforzo l’idea che non sono capace, e non posso competere con i miei compagni.”

Questo esempio, per dire che quando un comportamento diventa “problema” all’interno dei contesti sociali ed educativi, quasi sempre si tratta di insicurezza, che in base al temperamento di quel bambino si trasforma in eccessiva timidezza e chiusura piuttosto che oppositività o “prepotenza”.  La domanda che potremmo sempre porci di fronte a qualche difficoltà mostrata da un bambino, potrebbe essere: un bambino con una buona autostima si comporterebbe così? Il comportamento che vedo e che per me adulto sta diventando un problema, è sempre sintomo di una fatica che quel bambino sta affrontando.

Quindi, cosa centra la fiducia con l’autostima?

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A volte mi rendo conto di quanto noi adulti abbiamo bisogno di avere il controllo della situazione quando ci relazioniamo con i bambini, e di conseguenza, i bambini, troppo spesso non vengono coinvolti in alcune decisioni che li riguardano, e si ritrovano così a vivere in modo passivo le decisioni dell’adulto. Ma come si fa ad abbassare il controllo che abbiamo bisogno di avere noi adulti e lasciare che in alcune situazioni il bambino partecipi attivamente a qualcosa che lo riguarda? la risposta è proprio la fiducia, fidandoci di loro. Più semplice a dirsi che a farsi.

Oltre ad essere psicomotricista, da 9 mesi sono anche mamma, e mi sto rendendo conto ogni giorno di quanto questa cosa sia difficile da mettere in pratica. Spesso per paura che si faccia male, la tendenza è quella di bloccarlo, di intervenire, o di anticiparlo. Purtroppo però questi miei interventi servono solo ad abbassare il MIO livello di ansia, che probabilmente così facendo trasmetto anche a lui. Anche i messaggi verbali che usiamo involontariamente, perché fanno parte della nostra cultura, spesso non aiutano: “Attento”, “Mi raccomando”, “Così ti fai male”, “Fermati”. Jessica Joelle Alexander sostiene che “questa modalità di controllo e iperprotezione non offre al bambino lo spazio necessario per esplorare il mondo, misurarsi con esso, imparando le conseguenze naturali di ogni azione. Correggerli e metterli in guardia costantemente non contribuisce a creare una relazione di fiducia tra genitore e figlio, né la fiducia del bambino in se stesso.” Con questo atteggiamento il messaggio che arriva al bambino è: “Non credo che tu ce la possa fare”.

Spesso pensiamo che lodando un bambino per qualcosa che è riuscito a fare (quanti “bravo!” diciamo al giorno?) stiamo rinforzando la sua autostima, ma purtroppo anche in questo caso non è così, stiamo ancora una volta giudicando quel bambino in base alla sua performance.

Come si fa allora, a trasmettere fiducia?

  • Diamo ai bambini più tempo per giocare liberamente, in questo modo avranno modo di sperimentare la loro creatività e fantasia, aumentando così lo stato di benessere interiore.
  • Programmiamo meno il loro tempo.
  • Coinvolgiamoli nelle decisioni che li riguardano, decidiamo con loro le regole della casa o della classe, rendiamoli parte attiva.
  • Sostituiamo le infinite raccomandazioni, con domande che possano incoraggiare il bambino a trovare delle soluzioni, in questo modo non solo non li interrompiamo, ma li aiutiamo ad essere più consapevoli di ciò che stanno facendo, e trasmettiamo il messaggio: “So che hai le risorse per potercela fare”.
  • Focalizziamo la nostra attenzione su quella che è l’esperienza che il bambino sta vivendo piuttosto che sulle nostre emozioni di ansia e paura.
  • Diamo ai bambini degli incarichi, li farà sentire responsabili di qualcosa e sentiranno che noi ci fidiamo di loro.
  • Cerchiamo di non sostituirci a loro, nelle cose che li riguardano, Maria Montessori diceva che i bambini ci chiedono “Aiutami a fare da solo”, impareranno ad essere indipendenti e quindi più sicuri.
  • Domandate ai bambini come stanno, o come è andata la loro giornata, mostrerete che vi sta a cuore il loro benessere più di ciò che hanno fatto (voti, compiti ecc..)
  • Complimentatevi con loro quando mettono in pratica le loro qualità, come la gentilezza, la disponibilità verso gli altri, la collaborazione. Il messaggio che daremo sarà: “Sono fiero di te per quello sei e non per ciò che sai fare”.
  • Cerchiamo di rispettare e comprendere a pieno le loro emozioni. Quante volte quando un bambino piange ciò che ci viene da dire è: “Dai, non piangere, non è successo niente”. Così stiamo svalutando ciò che sta provando in quel momento, se sta piangendo, c’è un motivo, qualcosa ha provocato in lui l’emozione della tristezza, che quindi va accolta, capita e lasciata sperimentare.

Questi sono solo alcuni spunti che possono aiutarci a modificare il nostro modo di intervenire con i bambini, sono passaggi davvero semplici ma allo stesso tempo non così scontati, in quanto il nostro modo porci nei confronti dei bambini si è modificato anche a causa di alcuni schemi culturali che ci appartengono.

E ora concludo con una domanda, perché quando mi interfaccio con genitori, insegnanti, educatori, l’attenzione è sempre (giustamente) rivolta verso i bambini, ma ciò a cui tengo, è non dimenticare che quando stiamo con i bambini, ci sono loro ma ci siamo anche noi, e il nostro modo di essere e il nostro bagaglio di vissuti passa inevitabilmente attraverso i nostri comportamenti e le nostre parole arrivando ai bambini, i quali sono sempre molto attenti e sensibili anche a ciò che sentiamo noi. E’ una relazione dove c’è scambio, per questo è importante sapere cosa dobbiamo fare per far stare bene i bambini, senza però dimenticarci che dobbiamo stare bene anche noi.

Ecco quindi la mia domanda: Tu che stai leggendo, ti fidi di te, delle tue capacità di cambiare le cose?

Autostima = Stare bene con se stessi.

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